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Il superamento dei campi rom in Italia: un percorso di civiltà e partecipazione collettiva

Il 29 gennaio scorso, la Sala Matteotti della Camera dei Deputati ha ospitato un significativo convegno, promosso da Associazione 21 luglio, dedicato al superamento dei campi rom in Italia, con particolare attenzione al caso studio di Collegno. All’evento hanno partecipato rappresentanti Istituzionali come i deputati Riccardo Magi e Paolo Ciani, il coordinatore UNAR Mattia Peradotto, l’assessora alle Politiche Sociali e alla Salute Barbara Funari, il sindaco di Collegno Francesco Asciano e l’assessora alle Politiche Sociali e Pari Opportunità di Collegno Maria Grazia De Nicola ed è stato caratterizzato da una mattinata intensa e costruttiva, durante la quale istituzioni e società civile hanno analizzato congiuntamente un argomento di vitale importanza.

Il tema dei “campi rom” è oggetto di discussione da tempo immemore. Le persone confinate al loro interno sono state spesso vittime di una narrazione sociale e politica discriminatoria e fuorviante, intrisa di stereotipi che si sono sempre tenuti lontani dalla realtà quotidiana dei soggetti coinvolti.

L’Italia è ancora tristemente “il paese dei campi”, e troppo spesso continuiamo a dover assistere inermi a tragedie evitabili, come la morte della piccola Michelle, rimasta fulminata pochi giorni fa nel campo di Giugliano, in Campania.

Eppure, i dati presentati durante l’evento evidenziano un elemento incoraggiante: dal 2018, in Italia si discute di chiusura o superamento dei campi, anziché assistere a nuove aperture.

Come sottolineato da Carlo Stasolla, responsabile dei rapporti istituzionali di Associazione 21 luglio, la differenza tra questi due termini non è solamente lessicale. La chiusura di un campo spesso non equivale all’integrazione dei suoi abitanti nel tessuto sociale. Un superamento, invece, è un percorso graduale che richiede il coinvolgimento dei beneficiari del progetto e che deve rispettarne la volontà, anche quella, a volte, di non voler prenderne parte. Come ha voluto ribadire Paolo Ciani, segretario di DemoS, sono progetti che richiedono tempo e flessibilità, ma che contribuiscono in maniera decisiva all’empowerment dei beneficiari, che si scoprono, spesso per la prima volta, cittadini attivi e membri della comunità.

Durante il suo intervento il professor Tommaso Vitale, direttore del master Governing the Large Metropolis presso l’Ecole Urbaine de Sciences Po di Parigi, ha evidenziato come le strategie adottate dai progetti di superamento non siano solitamente rivoluzionarie. Quando le amministrazioni funzionano, quando non entrano in gioco altri meccanismi politici, è possibile attuarle. Questo è stato fatto anche in contesti difficili, nei quali trovare un punto d’incontro sembrava impossibile. Eppure, allenando pazienza e perseveranza, è stato comunque possibile impostare un dialogo.

Deve essere un lavoro collettivo, che vede la società intera come attore principale: gli abitanti degli insediamenti, i funzionari politici e istituzionali, le associazioni che portano avanti le azioni di superamento. Perché superare un insediamento monoetnico, come sottolineato anche dal segretario di + Europa Riccardo Magi, è un atto di civiltà e lo è per l’intera collettività.

È possibile assistere all’intera registrazione del convegno cliccando qui.

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